Libri nel Giro 2020 – Edizione speciale e virtuale – TANDEM DI LIBRI (aggiornato al n. 10 di 10)


Torna anche quest’anno Libri nel Giro, il progetto della Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza a cura di Fernanda Pessolano e Marco Pastonesi!

Che cosa unisce Gianni Brera a Gianni Mura? Chi sposa Orio Vergani con Anna Maria Ortese? Come c’entrano Alda Merini e Tonino Guerra? Perché Andrea Zanzotto fa rima con Daria Deflorian? Tutto grazie a “Libri nel Giro”, la settima edizione della rassegna cicloletteraria della Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza: venti libri di venti autori idealmente su dieci tandem (in una doppia recensione), e per ogni tandem la benedizione di una poesia rotonda (letta da un attore). Su repubblica.it, dall’11 maggio al 4 giugno, nel periodo solitamente occupato dal Giro d’Italia, quest’anno spostato in ottobre per la pandemia.

La Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza, proprietà dell’associazione Ti con Zero, specializzata in libri a pedali (circa duemila testi fra manuali, guide, biografie, romanzi, poesie, annuari, saggi…), si trova a Roma, nella Biblioteca Casa del Parco alla Pineta Sacchetti, e poi su Facebook, Instagram e repubblica.it. Da una parte prestiti e consultazioni, dall’altra segnalazioni e recensioni. Ma anche un’attività fuori di sé, itinerante e viandante, tra festival letterari e ciclostoriche, scuole e teatri.

Oggi, in regalo e in anteprima, Patrizia Bollini legge “I porta ancora al tabar da li me bandi” (si porta ancora il tabarro dalle mie parti) di Cesare Zavattini. Poi, in programma, Caterina Acampora per Pierluigi Cappello, Lea Barletti per Gian Luca Favetto, Tamara Bartolini per Amelia Rosselli, Michele Baronio per Vivian Lamarque, Gabriele Benedetti per Escodamè, Patrizia Bollini per Tonino Guerra, Maurizio Cardillo per Alda Merini, Daria Deflorian per Andrea Zanzotto, Patrizia Hartman per Danilo Dolci, Fabrizio Parenti per Italo Calvino. Le recensioni sono a cura di Marco Pastonesi.

Appuntamento sui canali social facebook.com/bibliotecabiciclettaLucosCozza/, instagram.com/bibliotecadellabicicletta/ e sul sito www.bibliotecadellabicicletta.it

Patrizia Bollini: attrice, ha lavorato per Marco Bellocchio, Marco Baliani, Leo De Berardinis, Alfonso Santagata, Luciano Melchionna, Marco Sciaccaluga, Nanni Garella e Gabriele Tesauri. Per cinema e tv: “Veloce come il vento” con Stefano Accorsi e “Diritto di difesa” con Piera Degli Esposti.

Cesare Zavattini: Luzzara 1902-Roma 1989, sceneggiatore, giornalista, commediografo, scrittore, poeta e pittore. Fra le sceneggiature: “Ladri di biciclette” e “Miracolo a Milano”. Fra i libri: “Parliamo tanto di me” e “I poveri sono matti”. La poesia “I porta ancora al tabar da li me bandi” è tratta da “Stricarm’ in d’na parola” (stringermi in una parola, 50 poesie in dialetto, Bompiani, 2006).

   

IL PRIMO TANDEM

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Il maestro e il discepolo
di Marco Pastonesi

In comune avevano il nome: un diminutivo. In comune avevano i giornali: prima “La Gazzetta dello Sport” poi “la Repubblica”. In comune avevano le passioni: ciclismo calcio cucina, in questo ordine se fosse stato possibile pesare i battiti del cuore. In comune avevano perfino il modo di scrivere: mischiando, saltando, frullando, anche giocando, una palestra di ricordi e conoscenze, di cronache e saggi, di invenzioni e forse azzardi, anche se poi ognuno aveva il suo stile, così personale da non poter fare scuola, da non poter avere scolari. Si è detto Gianni Brera il maestro e Gianni Mura il discepolo, si è scritto Gianni Brera l’apripista e Gianni Mura l’erede, e per una volta tanto le etichette andavano bene a tutti e due.

Brera ha scritto molti più libri di Mura: in questa parsimonia, Mura ha preso di più da Mario Fossati, che di Brera era, quasi da coetaneo (tre anni di più per Brera), fratello, amico, collega, spalla. Forse perché Brera aveva un bisogno di scrivere libri più forte di quello che spingeva Mura, convinto a farlo quando si avvicinava ormai al traguardo, e più facilmente sotto forma di raccolta di pezzi e ritratti.

Per il nostro primo Tandem, due collezioni: “Incontri e invettive” di Brera (Longanesi, 1974) e “Il mondo di Gianni Mura” (la Repubblica, 2020). Qui Brera rimbalza da Rombo di Tuono (Gigi Riva) all’Abatino (da Livio Berruti a Gianni Rivera, anche se il primo della storia era Giorgio Albani, ciclismo), dall’intervista in latino al fondista finlandese Paavo Nurmi al canto funebre per la Locomotiva Umana (“Learco Guerra fu l’ultima espressione del ciclismo popolare e un po’ ciabattone, che ingrommava di polvere e sudore i suoi eroi”). E qui Mura ospita non solo Pantani e Armstrong, ma anche Guccini e Tenco, Mariangela Melato e la Parigi di Maigret. Mura era grande anche nelle interviste. Lasciava parlare, raccontare, sfogare. Non aveva mai problemi ad attaccare un pezzo, né a chiuderlo. Esempio di chiusa, pagina 22: “E allora, perché oggi uno non sceglie il tennis, il golf, la pallavolo? ‘Per passione’, rispondono i ciclisti. Passione ha la stessa radice di patire e patire è un po’ morire. Questo non spiega tutto ma molte cose sì”.

“Il padrone del mondo” è tratto da Cantacronache, gruppo di musicisti, letterati e poeti sorto a Torino nel 1957.

Fabrizio Parenti: attore di teatro (candidato al Premio Ubu come migliore attore non protagonista in “The Coast of Utopia” di Marco Tullio Giordana), cinema (fra l’altro, in “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana) e tv (fra l’altro, in “Né con te né senza di te”, “La squadra”, “Un posto al sole” e “Giovanni Falcone”).

Italo Calvino: L’Avana 1923-Siena 1985, scrittore. Fra le sue opere: “Il visconte dimezzato” (1952), “Il barone rampante” (1957), “Il cavaliere inesistente” (1959), “Marcivaldo” (1963), “Ti con zero” (1967), “Le città invisibili” (1972), “Il castello dei destini incrociati” (1973) e “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979), tutte pubblicate da Einaudi.

“Il padrone del mondo” è tratto da Cantacronache, gruppo di musicisti, letterati e poeti sorto a Torino nel 1957.

 

IL SECONDO TANDEM

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Il diavolo e il Pio
di Marco Pastonesi

“Diavolo rosso, dimentica la strada / vieni qui con noi a bere un’aranciata / contro luce tutto il tempo se ne va” e “Sono seduto in cima a un paracarro / e sto pensando agli affari miei, / tra una moto e l’altra c’è un gran silenzio / che descriverti non saprei. / Quanta strada nei miei sandali, / quanta ne avrà fatta Bartali”.

Paolo Conte è uno degli anelli di congiunzione fra Giovanni Gerbi e Gino Bartali. Il Diavolo Rosso è citato, contemplato, narrato in tutte le ricerche sul ciclismo pionieristico ed eroico, ma l’unica monografia è “Le imprese del Diavolo Rosso” di Giampiero Petrucci e Carlo Fontanelli (Geo Edizioni, 2000). Dall’esordio (nella Torino-Rivoli e ritorno, del 1900: sesto, e aveva 15 anni) all’addio (nel Giro del Monferrato, nel 1941: primo, e di anni ne aveva 56), così avventuroso, così letterario, così novecentesco nei suoi stratagemmi, nei suoi trucchi, nelle sue scorrettezze. Era lui quello che, alla fine della vittoriosa Coppa XX Settembre nella Roma-Napoli-Roma, conclusa con un pedale rotto e sospinto dai propri tifosi, sarebbe rimasto a letto 24 ore di fila prima di potersi rimettere in piedi.

Invece su Bartali la produzione editoriale è seconda solo – neanche a dirlo – a quella su Coppi. I fratelli canadesi Aili e Andres McConnon in “La strada del coraggio” (66thand2nd, 2013) ricostruiscono la vita di Gino il corridore, Gino lo scalatore, Gino il vincitore di tre Giri d’Italia e di due Tour de France (nessuno è ancora riuscito nell’impresa di vincerne uno a distanza di 10 anni dall’altro), Gino il duellante, Gino il pio, Gino il messaggero di pace, Gino il salvatore di centinaia di ebrei. Gino che, solo per questo, mentiva alla moglie: “Non aspettarmi questa sera. Vado ad allenarmi qualche giorno”, “Se viene qualcuno a cercarmi, soprattutto di notte, di’ che ho avuto un’emergenza”. Gino fino alla fine: “La vita è come un Giro d’Italia che sembra non finire mai, ma a un certo momento arriva l’ultima tappa. E magari non te l’aspetti. Io, adesso, comincio ad aspettarla”, “Il paradiso deve essere un luogo felice, come quegli altipiani verdi che ci sono sulle Dolomiti, dopo aver fatto cento tornanti, tutti sui pedali”.

“I ciclisti” è tratto da “Ogni goccia balla il tango” (Rizzoli, 2014).

Caterina Acampora: attrice, laureata in Storia contemporanea, fondatrice della compagnia Ansi Lumen Teatro. Si occupa anche di pedagogia teatrale in scuole elementari e case-famiglia per minori in difficoltà. Lavora, tra gli altri, con Fabrizio Arcuri, Daria Deflorian, Antonio Tagliarini, Lisa Ferlazzo Natoli e Andrea Baracco.

Pierluigi Cappello: Gemona 1967-Cassacco 2017, fra le sue opere “Azzurro elementare – Poesie 1992-2010” (Rizzoli, 2013) e “Stato di quiete – Poesie 2010-2016” (Rizzoli, 2018). Nel 2004 ha vinto il Premio Montale con “Dittico”, poesie in italiano e in friulano.

 

IL TERZO TANDEM

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Tutta mia la città
di Marco Pastonesi

Un libro che si apre, si apre, si apre, si apre. Un libro che si apre quattro volte fino a raggiungere una pagina di due metri. Poi si gira. E si riapre altre quattro volte fino a raggiungere la pagina retrostante di due metri. Totale: un libro di due pagine e quattro metri. E’ l’artistico “Bicycle” di Ugo Gattoni, illustratore parigino, che ispirato dalle Olimpiadi di Londra nel 2012 ha disegnato la sua città – densa, mobile, pulita – di biciclette in bianco e nero. Bici sulle strade e sui tetti, bici nelle case e nei negozi, bici che sgommano e che inchiodano, bici che fuggono e che inseguono, bici che respirano e che ansimano, bici in acqua e in cielo, bici in spiaggia e sul molo, bici in corsa e a spasso, bici sul Tower Bridge e in Regent Street, bici per acrobazie e da montagna, monocicli e triplette. Pubblicato da Nobrow Press nel 2012, costa 18 sterline.

E’ la città il punto di contatto fra “Bicycle” e “Sogni all’alba del ciclista urbano”, è la città il senso di questo Tandem. Qui, a Porto Alegre, c’è un biker che misura e si misura, che olia le articolazioni e riscalda i muscoli, che salta le aiuole e attraversa le corsie, che ondeggia sul telaio e slitta sulle gomme, che si butta a terra e si rizza in piedi, che rischia e raschia, che non può turbarsi davanti alle ferite e non può tradirsi con altri mezzi, che vive le case come percorsi fatti di scale e rampe, angoli e marciapiedi. Daniel Galera, brasiliano, ha scritto un romanzo di formazione e di sofferenza, una storia di brividi e di sangue, un clima di elettricità e violenza. Edito da Mondadori nel 2006, costa 17 euro.

Michele Baronio: musicista, cantante e attore, con Tamara Bartolini condivide il percorso produttivo della 369gradi, insieme esplorano dimensioni attoriali di tipo autoriale, lavorano con scrittura, pedagogia, regia, musica e ideazione scenica.

Vivian Lamarque: scrittrice, poetessa e traduttrice, fra le sue opere “Poesie della notte” (Rizzoli, 2009) e “Madre d’inverno” (Mondadori, 2016), “Mettete subito in disordine! Storielle al contrario” (Einaudi, 2007) e “La timida Timmi cambia scuola” (Piemme, 2015). Ha vinto il Premio Rodari 1997 e il Premio Andersen 2000.

La poesia “In bicicletta” di Vivian Lamarque è tratta da “Poesie dando del lei” (Garzanti, 1989).

 

IL QUARTO TANDEM

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Bahamontes e Massignan, dove osavano le aquile
di Marco Pastonesi

Si incrociarono tallonandosi, affiancandosi, superandosi. Si affrontarono misurandosi, pesandosi, studiandosi. Si rispettarono temendosi, attaccandosi, staccandosi. Bahamontes e Massignan, l’Aquila di Toledo e Gambasecca, Martin e Imerio. Lo spagnolo e il vicentino, il primo spagnolo vincitore del Tour de France e il primo italiano a vincere una tappa del Tour de France con il vento che aveva portato via lo striscione dell’arrivo, il preferito di Coppi e quello a cui Coppi disse soltanto “vedremo”, un novantunenne ancora arzillo e brillante e un ottantatreenne ancora critico e polemico.

Erano due scalatori. Sconfiggevano la legge di gravità, aspiravano al dono della leggerezza, inseguivano la perfezione della solitudine. I loro palcoscenici erano, se possibile, verticali: Alpi e Pirenei, aria sottile, tempo infame, nella canicola o nella bufera, le mezze misure sono più da passisti e velocisti. Bahamontes sul Galibier, primo, alla grande, poi invece di lanciarsi in discesa, smette di pedalare, scende dalla bici, prende un gelato da uno spettatore, si siede su un muretto e aspetta che arrivi il gruppo.

Impazzito? No, impaurito. Si è improvvisamente ricordato, Bahamontes, di una situazione simile, già vissuta in una corsa in Spagna, quando la sua discesa si conclude fuori strada, contro un cactus. Qui, di cactus non ce ne sono, ma di rocce sì. E Massignan sul Gavia, primo, alla grande, poi si lancia in discesa – ci sono sempre le discese a fregare gli scalatori – e fora una, due, tre volte, arriva al traguardo con la ruota a terra, secondo dietro a un altro scalatore, il lussemburghese Charly Gaul, che avrebbe dovuto lottare contro i fantasmi, che sono corridori inafferrabili, irraggiungibili, devianti. Alasdair Fotheringham ha scritto “The Eagle of Toledo” (Aurum, 2012), la biografia di Bahamontes, e Marco Ballestracci “Imerio” (Instar, 2012), metà vita e metà romanzo su Massignan. Stessa natura di scalatori, stessa urgenza di autori, perfino stesso anno di pubblicazione: un gran bel Tandem.

4. Biciclette di Poesia
“En danseuse” di Gian Luca Favetto è tratto da “Mappamondi e corsari” (Interlinea, 2009).
Lea Barletti, attrice, autrice, performer, romana di origini pugliesi, attualmente vive e lavora a Berlino insieme al compagno Werner Waas, con il nome “Barletti/Waas”. Tra le loro ultime produzioni, nelle quali è attrice e co-regista insieme a Waas, “Selbstbezichtigung/Autodiffamazione” di P. Handke, in versione bilingue italo/tedesca, che ha avuto più di 50 repliche tra l‘Italia e la Germania, „Kaspar“ (ancora di P. Handke) in lingua tedesca, e „Monologo della buona madre“ (di Lea Barletti), „Ashes to Ashes-l‘uomo di fumo“ (di Lea Barletti). Una sua raccolta di racconti, „Libro dei dispersi e dei ritornati“, è stata pubblicata (giugno 2018) per Musicaos editore.
LEGGE
Gian Luca Favetto: scrittore, giornalista, drammaturgo, critico teatrale e cinematografico, conduce programmi radiofonici. Fra i romanzi: “Si chiama Andrea” (66thand2nd, 2019). Fra i racconti: “Un’estrema solitudine” (Cantalupa-Effatà, 2014). Fra le poesie: “Il viaggio della parola” (Interlinea, 2016).

 

IL QUINTO TANDEM

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Ciclopellegrinaggi
di Marco Pastonesi

Gli unici veri viaggiatori, sosteneva Tiziano Terzani, sono i pellegrini: lasciavano la casa per cercare la verità. I cicloviaggiatori non sono soltanto viandanti pedalatori, ma anche esploratori dentro e fuori di sé, dunque almeno un po’ pellegrini. Come se quella strada che percorrono o quel sentiero che seguono o quell’argine che battono fossero anche strade sentimentali, sentieri interiori e argini esistenziali. Così, stavolta ciò che unisce “La Via Romea Strata in bicicletta” e “Metafora – piccola odissea moderna verso Itaca” è questo doppio viaggio a pedali.

La Romea Strata è un antico sistema di vie che dal nord-est dell’Italia portavano a Roma. Già documentati gli itinerari da Tarvisio, da Passo Monte Croce Carnico, da Miren e da Bassano del Grappa fino a Montagnana (volune 1) e da Passo Resia e dal Brennero fino a Montagnana (volume 2), stavolta Alberto Fiorin affronta la terza parte, quella appenninica, dalla veneta Montagnana alla toscana Fucecchio-San Miniato (374 km) con quattro possibili varianti (altri 114 km), e sostiene il cicloviaggiatore (o anche il cicloturista) con consigli, fotografie, descrizioni, mappe e altimetrie, box di apoprofondimenti storici, culturali e spirituali, altrimenti che guida sarebbe. Pubblicata da Ediciclo nel 2020, costa 16 euro.

La Charvensod-Itaca non è un ramo della via Francigena, né una strada consolare, neppure una ciclovia europea. E’ il cicloviaggio di Daniele Vallet dalla casa in Val d’Aosta fino all’isola nel Mar Jonio. Totale: 3500 km in 47 giorni senza inseguire primati temporali o spaziali, ma cercando di raggiungere traguardi personali e spirituali. In semplicità, in modestia, in economia. “Metafora”, spiega Vallet, in greco moderno significa movimento, spostare qualcosa da un luogo all’altro, e sostituzione di un termine proprio con uno figurato. Il primo significato sta nel pedalare, il secondo nel trasformare i pregiudizi in chilometri, le paure in conoscenze, i sogni in paesaggi. Pubblicato dalla Tipografia Valdostana-Musumeci editore nel 2020, costa 15 euro.

Patrizia Hartman: attrice, regista, acting coach. Diplomata nel 1988 come attrice all’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio d’Amico, si è specializzata al Teatro Studio di Anatolj Vassiliev di Mosca. Collabora con l’Accademia del Teatro Bellini di Napoli e con Radio Rai 3.

Danilo Dolci: Sesana (Slovenia) 1924-Partinico (Palermo) 1997. Sociologo, poeta, educatore, attivista della non violenza, premio Lenin per la pace. Fra le sue opere: “Racconti siciliani” (Sellerio, 2008), “Banditi a Partinico” (Sellerio, 2009), “Il potere e l’acqua” (Melampo, 2010).

La poesia “Libero e felice” di Danilo Dolci è tratta da “Creature di credenze”, Feltrinelli 1979

 

IL SESTO TANDEM

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Coppi e Bartali
di Marco Pastonesi

Coppi e Bartali. Anzi, Bartali e Coppi, in ordine non solo alfabetico ma anche cronologico. Dunque, Bartali e Coppi: la tesi e l’antitesi (forse in senso kantiano), il bianco e il nero (forse il bianco e nero di Gino e il bianco e nero e poi anche colori di Fausto), il cattolico e il comunista (non era vero), il pio e lo scandaloso (scandaloso sì, Coppi, ma non per colpa sua, oggi il suo scandalo – adulterio – farebbe ridere), il toscano e il piemontese (questo sì, anche se certe generalizzazioni, pur trattandosi di due generali, sono troppo generiche), il brontolone e il silenzioso (questo sì). Il dualismo più duellato nella storia del ciclismo, che spaccò quel mondo e quel popolo in modo manicheistico: o di qua o di là, o con o contro, anche se proprio loro due furono con all’inizio (nel 1940, compagni di squadra nella Legnano) e con alla fine (tra il 1959 e il 1960, Bartali direttore sportivo e Coppi ancora corridore nella San Pellegrino).

Per questo insuperabile tandem di uomini e campioni, anche un bel tandem di libri. La prima opera, “Coppi e Bartali”, è un pamphlet di Curzio Malaparte (Adelphi, 2009). L’autore di “La pelle” e “Kaputt” spiega tesi e antitesi, superbamente: “Quando Bartali è seduto o disteso è un atleta a riposo. Quando è seduto, immobile e in silenzio, Coppi è una macchina ferma. Quando si riposa, attorno a lui si respira un’atmosfera da fabbrica in sciopero o chiusa per ferie”. E ancora: “Se Bartali emana calore umano, Coppi comunica un sentimento di profonda solitudine”.

La seconda opera, “Coppi contro Bartali”, è un librone di Claudio Gregori (Diarkos, 2020). Da cronista, storico, inviato e cantore (gregoriano), pedala lungo decenni di storia italiana, lungo cornici di montagne alpine, lungo anfratti di archivi letterari: “Il Giro incarna il ‘Panta rhei’ di Eraclito. Tutto scorre. Scorrono gli abeti ai fianchi di Buzzati. Scorrono ruscelli sotto le ruote di Bartali. Scorrono i pensieri nella testa di Coppi. Scorrono gli uomini come palline colorate lungo la guida della strada”. E ancora: “Fausto si sta già misurando con quello che Gianni Brera chiamerà ‘The Body’, il Corpo. Giulia Occhini, una circe bella, seducente. Dotata di poteri magici. L’amore è un terremoto che trascina e sconvolge. Coppi non è fermato da Bartali, ma dal fruscio di una gonna”.

Maurizio Cardillo: attore, autore, regista. E’ stato diretto, fra gli altri, da Elio De Capitani, Gigi Dall’Aglio, Nanni Garella e Renato Carpentieri. Ha diretto Ugo Pagliai per il Festival Verdi di Parma. Per info: https://it.linkedin.com/in/maurizio-cardillo-7379a652.

Alda Merini: Milano 1931-Milano 2009, poetessa, scrittrice e aforista. Fra le sue opere: “La presenza di Orfeo” (Scheiwiller, 1993), “L’anima innamorata” (Frassinelli, 2000), “Clinica dell’abbandono” (Einaudi, 2003), “Ci sono notti che non accadono mai” (con Silvia Rocchi, Becco Giallo, 2019).

La poesia “L’Airone” di Alda Merini è dedicata a Fausto Coppi

 

IL SETTIMO TANDEM

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Bici e metamorfosi
di Marco Pastonesi

Ogni giorno raccoglieva qualcosa sulla strada e lo portava a casa. Una vite, un bullone, una rotella, una spranghetta di alluminio, un pedale, un sellino. Poi cominciò a svitare e avvitare, stringere e montare, aggiungere e oliare. E così nacque una bicicletta, ma imperfetta: perché invece del manubrio, aveva una mitraglietta. Rossa, lucida, cromata, con tanto di ruote e fanalini, stemma e cambio, ma con quel muso beffardo e bellicoso. Smonta e rimonta, le bici-mitraglie si moltiplicavano. Un vero mistero. Ma la spiegazione c’era: sono le mani che protestano, le mani che tutti i giorni fabbricano, costruiscono, creano cose per gli altri, e quando sono libere protestano. E allora, meglio tenerle ferme in tasca, stringerle a pugno, imprigionarle.

E’ una delle storie che popolano “L’assalto al treno” (Einaudi, 1966, con le illustrazioni di Renata Meregaglia), che Giovanni Arpino dedicò ai suoi più piccoli lettori e che – l’anello di congiunzione è la fantasia – fa Tandem con “La bici a racchette”, un racconto di Gilles Costaz (Nuove edizioni romane, 1979, con le illustrazioni di Garelman). Qui si narra di un paesino in cui aprirono contemporaneamente due negozi di bici. Il primo era tradizionale: si vendevano bici normali. Il secondo era speciale: si vendevano bici particolari. Quando il sindaco ciclomane organizzò una gara di ciclismo per i bambini, solo Alfonsino ordinò una bici nel negozio speciale. E fu una bici molto particolare: invece delle ruote aveva racchette da sci. Al pronti-via Alfonsino fu preso in giro da tutti, ma quando cominciò a nevicare…

Tamara Bartolini: attrice, autrice. Con Michele Baronio lavora su scrittura, pedagogia, regia, musica e ideazione scenica. Nel 2009 con “La caduta” nasce il sodalizio di tutte le successive creazioni: “Tu_Two”, “Carmen che non vede l’ora”, “Redreading” e “Passi”.

Amelia Rosselli: Parigi 1930-Roma 1996, poetessa, organista ed etnomusicologa. Fra i suoi scritti: “Le poesie”, a cura di Emmanuela Tandello, Garzanti, 1997; “L’opera poetica”, a cura di Stefano Giovannuzzi, I Meridiani, Mondadori, 2012.

La poesia di Amelia Rosselli letta dfa Tamara Bartolini s’intitola “Di sollievo in sollievo”.

 

L’OTTAVO TANDEM

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Lo sport più letterario
di Marco Pastonesi

Il ciclismo è lo sport più letterario. E la bicicletta è una musa che non finisce mai di ispirare. Dino Buzzati fu folgorato da Coppi e Bartali, novelli Achille e Ettore, in guerra mitica e dolomitica sui Monti Pallidi. Giovannino Guareschi opponeva Don Camillo e Peppone non solo a capo di due pensieri, di due colori, di due religioni, ma anche in sella alle due ruote. E Margherita Hack, prima di osservare il cielo con il telescopio, aveva esplorato la Terra a pedali e, pedalando, a parole.

Stavolta il Tandem è composto da due libri di racconti rotondi: “Racconti di bicicletta” (di Vittorio Pessini, Edizioni Ensemble, 2013) e “Otto racconti in bicicletta” (a cura di Giovanni Casalegno, Bolis Edizioni, 2017). Il primo libro – un saggio – tratta il ciclismo nella letteratura italiana del Novecento. La prefazione di Claudio Greori, poi cinque capitoli: dalle prime ricognizioni al Ventennio fascista (Guerrini e Oriani, Pavolini, Campanile), il declino di Bartali e il trionfo di Coppi (Pratolini, Gatto, Buzzati), “Il dio di Roserio” (l’opera di Giovanni Testori, qui giudicata un crocevia), il Giro d’Italia 1955 (Marcello Venturi, inviato dell’Unità) e infine Gianni Brera (l’ultimo cantore, un’altra svolta epocale). Pessini non ha dubbi: non la retorica, non il tecnicismo, quello che accomuna i grandi sono “la profonda umanità e l’intensa sensibilità”.

Il secondo libro – una raccolta illustrata da Riccardo Guasco – comprende novelle di Mark Twain (del 1884), Stephen Crane (del 1900), Olindo Guerrini (1901), Alfredo Panzini (del 1901), Alfredo Oriani (del 1902), Arthur Conan Doyle (del 1904), Federigo Tozzi (del 1920) e John Galsworthy (del 1930). Guerrini è così entusiasta da convincere anche il suo incerto personaggio: “Salito in bicicletta per istinto di doere e per imulso d’affetto, ora me ne sono innamorato con passione. Non c’è arte al mondo che possa esprimere il piacere, direi quasi la voluttà, della vita libera, piena, goduta all’aperto, nelle promesse dell’alba, nel trionfo dei meriggi, nella pace dei tramonti, correndo allegri, faticando concordi, sani, contenti”.

Gabriele Benedetti: attore. Si è formato all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, fra le sue collaborazioni quelle con Giorgio Barberio Corsetti, Quellicherestano, l’Accademia degli Artefatti e il CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.

Escodamè: pseudonimo di Michele Leskovic (Udine 1905-Imola 1979), artista futurista. Nove sue poesie furono pubblicate da Filippo Tommaso Marinetti nel 1925 in “I nuovi poeti futuristi”. Per saperne di più: “Escodamè. Poeta futurista friulano” di Bruno Giordano Sanzin.

 

IL NONO TANDEM

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1924
di Marco Pastonesi

Nel 1924. Lei partecipa al Giro d’Italia, lui al Tour de France. Lei si ritira all’ottava tappa, lui lo vince. Lei è e rimarrà l’unica donna ad aver corso il Giro degli uomini, lui è il primo italiano a conquistare il Tour e il primo in assoluto a tenere la maglia gialla dal primo all’ultimo giorno. Lei diventa attrice nei circhi, lui rivince il Tour de France nel 1925. Lei è Alfonsina Strada, del 1891, emiliana, seconda di dieci figli, lui è Ottavio Bottecchia, del 1894, veneto, ottavo di otto figli. Alfonsina e Ottavio, due simboli del ciclismo, di più, dello sport, di più, del Novecento: che Tandem.

Fernanda Pessolano ha ideato, scritto e illustrato “Alfonsina e il circo” (Ediciclo, 2017, con la postfazione di Mino Milani). E’ un libro da leggere, da ritagliare, da giocare, da costruire. Su un cartoncino bianco si ricalca e si ritaglia il fondale, poi si ritagliano le parti del teatrino (boccascena, timpano, fiancate, sipario), si ritagliano le marionette e si incollano ai coni gelati, quindi si anima la storia introducendo le marionette: il presentatore trampoliere e saltimbanco, il ciclista Mefisto, Alfonsina con la sua bicicletta rossa pronta ad affrontare sfide acrobatiche. Un’opera editoriale allegra, brillante, coraggiosa.

Andrea Telleri ha scritto “O B” (Lo specchio oscuro, 1991). Probabilmente è l’unico libro su Bottecchia (o Botescià, come lo chiamavano i francesi) in cui non si indaga sulla sua misteriosa morte (ucciso per gelosia?, ucciso per vendetta?, ucciso per politica?, o vittima di una caduta in bicicletta?), anche se si chiude proprio a Gemona, dove “quei letti bianchi sono troppo bianchi e sono corti, troppo corti quando uno si distende. Dei piedi ne esce la metà”. C’è invece una storia d’amore, anzi, due, quella di Ottavio con la bici e quella di Ottavio con una poetessa russa. Telleri compone un testo teatrale, lirico, onirico.

Patrizia Bollini: attrice. Ha lavorato per Marco Bellocchio, Marco Baliani, Leo De Berardinis, Alfonso Santagata, Luciano Melchionna, Marco Sciaccaluga, Nanni Garella e Gabriele Tesauri. Per cinema e tv: “Veloce come il vento” con Stefano Accorsi e “Diritto di difesa” con Piera Degli Esposti.

Tonino Guerra: Santarcangelo di Romagna 1920-Santarcangelo di Romagna 2012. Poeta, scrittore e sceneggiatore. Fra i suoi libri: “La valle del kamasutra – Segni, sogni e altro scelti dal poeta” (Bompiani, 2010) e “Polvere di sole – 101 storie per accendere l’umanità” (Bompiani, 2012).

La poesia letta è tratta da “I bu. Poesie romagnole” (Pendragon 2014).

 

IL DECIMO TANDEM

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Mario Fossati
di Marco Pastonesi

L’ultimo Tandem è dedicato a Mario Fossati e soltanto dio (il dio del giornalismo) sa quanto se lo merita. Gianni Brera, suo amico e collega, lo chiamava “il Generale”. Lui, Fossati, ai gradi preferiva le gradazioni, tant’è che quando, dopo una vita, scese dalla macchina e non seguì più corse e corridori, spiegò che non aveva più nulla da spartire con giornalisti che in sala-stampa e poi a tavola pasteggiavano a Coca-Cola. Alla “Gazzetta dello Sport” dal 1945 al 1956, al “Giorno” dal 1956 al 1982, alla “Repubblica” dal 1982 al 2008, Fossati è stato rappresentante, interprete, protagonista di un giornalismo che oggi non esiste più. Verrebbe da dire: rappresentante, interprete, protagonista del giornalismo. Perché quello di oggi, e – a occhio – anche quello di domani, riesce faticoso, se non impossibile, definirlo giornalismo, sembrerebbe più adatto il termine generico e pericoloso di comunicazione.

Scriveva di sport, Fossati. Non solo ciclismo, ma anche ippica e pugilato, calcio e alpinismo, automobilismo (impossibile sottrarsene, per chi nasce a Monza) e atletica. La sua scrittura era pulita, chiara, limpida. E lui leale, onesto, sincero. La sua modestia lo ha allontanato dalla fama, la sua semplicità lo ha immunizzato dal narcisismo, il suo rigore (alpino, sopravvissuto alla campagna di Russia) lo ha custodito dall’esibizionismo. In tv, se ci è mai andato, è stato per sbaglio o per caso. E di libri – “Un libro è una cosa importante”, sosteneva convinto – ne ha scritto uno soltanto, forse a forza.

Ma qui i libri sono due. Il suo “Coppi” (Compagnia editoriale, 1977), in cui racconta il Tour de France del 1952, quello della seconda doppietta fra maglia rosa e maglia gialla. E il “Mario Fossati” di Enrico Currò (Bolis Edizioni, 2018), nato come la tesi di laurea da un più giovane collega della “Repubblica” e poi diventato un testo sulla storia del giornalismo sportivo in Italia dal 1945 al 2010. Per scrivere i suoi pezzi, Fossati non doveva aprire enciclopedie, gli bastava aprire il cuore. Era quella la sede della sua memoria. E dal cuore passava e ripassava, trovando e ritrovando, andando e amando, selezionando e semplificando, salpando e scolpendo. Il ciclismo su pista, lo sprint, per esempio: “Il surplace arguto, che era una pausa, una proposta filosofica all’avversario, un inganno; lo scatto da fermo che torceva le congiunture di quel traliccio d’acciaio che è la bicicletta, come un polso; la volata, che è un’esplosione di scatti…”.

Daria Deflorian: attrice, autrice e regista di spettacoli teatrali. Ha vinto il premio Ubu 2012 come migliore attrice e il Premio Hystrio 2013. Dal 2008 condivide i progetti con Antonio Tagliarini nei maggiori teatri e festival in Italia e all’estero.

Andrea Zanzotto: Pieve di Soligo 1921-Conegliano 2011, poeta. Fra le sue opere: “Meteo” (Donzelli, 1996), “Eterna riabilitazione da un trauma di cui s’ignora la natura” (Nottetempo, 2007) e “Ritratti: Andrea Zanzotto” di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini (Fandango, libro e dvd, 2007).

La poesia “Squadrare il foglio” di Andrea Zanzotto, letta da Daria Deflorian, è tratta da “Fosfeni” (Mondadori, 1983).

 

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